10 imperdibili noir classici

Ho provato a mettere insieme una lista di quei dieci noir (più un caso eccezionale) da vedere almeno una volta nella vita, per avere un’idea dell’espressione, estetica e narrativa, di questo cinema dell’oscurità, così difficile da collocare in uno spazio dai contorni definiti. Non una raccolta dei più bei noir del periodo classico, ma una selezione, presentata in ordine casuale, basata sul mio gusto personale.


DETOUR
Edgar G. Ulmer, 1946

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Diretto da un maestro dei film a basso budget, è oggi considerato un piccolo capolavoro del noir, a dispetto dell’etichetta da B-Movie: Detour è l’essenza, quasi parossistica, della manifestazione di un Fato imprevedibile e avverso, capace di scombinare piani e precipitare i personaggi in discese infernali verso la sconfitta. Narrata in flashback dal protagonista, è la storia del pianista Al (Tom Neal), che tentando di raggiungere la fidanzata a Los Angeles si ritrova invece prigioniero di un viaggio dominato dalla sfortuna e dalla perversione del Caso. Nessun noir ha saputo raccontare l’impotenza dell’uomo di fronte all’inesorabile come questo film, in cui il destino si impone come il suo vero protagonista.


IL MISTERO DEL FALCO
John Huston, 1941

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Da molti considerato il primo vero esempio di film noir, Il mistero del falco lancia nel mito la figura dell’investigatore privato, disincantato e non privo di lati oscuri, grazie soprattutto all’interpretazione di Humphrey Bogart nelle vesti del detective Sam Spades, nato dalla fantasia di Dashiell Hammett. La storia, tratta dal romanzo hard-boiled Il falcone maltese, ruota attorno a una statuetta a forma di falco, una losca vicenda in cui Spade si ritrova coinvolto assieme alla pericolosa Ruth Wonderly (Mary Astor) e altri individui poco raccomandabili. Alla sua prima regia, John Huston fa la storia del cinema noir codificando un linguaggio e uno stile che avrebbero fatto scuola.


LA DONNA FANTASMA
Robert Siodmak, 1944

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Un uomo è accusato ingiustamente di omicidio, ma la donna sconosciuta che potrebbe fornirgli un alibi è sparita tra le ombre della notte. Basato sul romanzo di Cornel Woolrich La donna fantasma, il film di Robert Siodmak conduce lo spettatore in una realtà distorta e allucinata, alla ricerca di un personaggio misterioso che sembra essere emersa da un sogno. Ambienti oscuri e poco illuminati, ripresi nella loro percezione deformata, sono i tratti principali di un mondo descritto con sapiente tocco espressionista. Basterebbe soltanto la sequenza della jam session, parentesi onirica e carica di erotismo, per farne uno di migliori noir del decennio.


LA FIAMMA DEL PECCATO
Billy Wilder, 1944

E’ il film noir per antonomasia, paradigma della vicenda torbida di seduzione e perdizione, dove ogni tassello è perfettamente necessario al mosaico di gelida perfidia della femme fatale. Barbara Stanwyck è l’indimenticabile Phyllis, che seduce l’assicuratore Walter (Fred MacMurray) fino a spingerlo a uccidere il marito per intascarne l’assicurazione sulla vita. La brillante sceneggiatura di Billy Wilder e Raymond Chandler, ispirata al romanzo “Double indemnity” di James M. Cain, fonde gli elementi più noti del cinema nero, dalla sensuale dark lady all’omicidio, dal fatalismo alla voice off, in un racconto serrato che non lascia spazio alla redenzione degli amanti.


GILDA
Charles Vidor, 1946

Un noir che privilegia l’intreccio di relazioni torbide e conflittuali anziché i temi del crimine e del fatalismo. Una strepitosa Rita Hayworth, Gilda, è al centro di un triangolo amoroso che scatena ostilità e gelosie tra Ballin (George MacReady) e Johnny (Glenn Ford), esibendo una sensualità e un erotismo ineguagliati. Il film si ricorda soprattutto per l’ardito quasi-streaptease della protagonista sulle note di Put the blame on mame, ma anche per le ambiguità nel rapporto tra i due uomini, con velate allusioni a una liaison omosessuale. Gilda è pura seduzione, femme fatale capricciosa e maliziosa, ma contariamente a tante altre figure femminili del noir, anche capace di amare.


L’OMBRA DEL PASSATO
Edward Dmytryk, 1945

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Più che per l’intreccio (storia aggrovigliata di una collana rubata) o la performance del cast, questo noir resta memorabile per le atmosfere oniriche e visionarie che pervadono tutta la vicenda centrata su Philip Marlowe (Dick Powell), celebre detective privato di Raymond Chandler. Narrato in prima persona con voce fuori campo, il film è l’esempio ideale di quel viaggio nell’inconscio del protagonista, amplificato dal racconto in flashback che riconduce tutto a un senso di irrealtà. Meravigliosa la sequenza allucinatoria centrale, che ricorda alcuni momenti del successivo La fuga (1947).


LA CITTA’ NUDA
Jules Dassin, 1947

Girato quasi interamente on location a New York, vera e propria protagonista del film, La città nuda è punto di riferimento per quei noir dal taglio documentaristico che si discosta dagli espressionismi agosciosi e dalle tensioni psicologiche per prediligere una rappresentazione realistica delle vicende. Tutto ruota attorno all’omicidio di una modella: l’ispettore Dan Muldoon e l’assistente Jimmy Halloran iniziano le indagini sulla vita della ragazza, attraversando gli intrighi che serpeggiano nelle ombre della Grande Mela, fino all’inseguimento finale dell’assassino. Jules Dassin dirige un noir in cui la città, nei suoi spazi reali, diviene luogo delle contraddizioni e del disagio descrivendo i drammi quotidiani dei suoi abitanti.


I GANGSTERS
Robert Siodmak, 1947

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Un ex pugile, una rapina, una dark lady tenebrosa e fatale, l’atmosfera fosca dei locali notturni, la malavita alle costole: I gangsters è la quintessenza di quel cinema nero che indaga il mondo interiore del suo protagonista, procedendo a ritroso attraverso i tormenti nel suo complesso passato. Con una narrazione disarticolata in flashback, basata su quella struttura a indagine già vista in Quarto potere, il flm è un esempio fondante del noir degli anni ’40, ricco di elementi canonici del cinema del periodo, firmato da uno dei suoi più grandi maestri, e ispirato, solo per l’incipit, al racconto Gli uccisori di Hemingway.


LA STRADA SCARLATTA
Fritz Lang, 1945

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Fritz Lang rifà La cagna di Jean Renoir, spostando l’ambientazione da Parigi a New York, e mette in scena un quadro di miseria umana e cattivi sentimenti dove non c’è posto per redenzione e innocenza. Dopo La donna del ritratto, il regista viennese si affida di nuovo al triangolo Bennet-Robinson-Duryea, in un film forse meno affascinante ma sicuramente più pessimista, centrato sull’intreccio di pulsioni umane che condannano i personaggi alla deriva morale. A innescare la storia è ancora un incontro casuale in una strada urbana notturna: Christopher conosce Kitty, raffinata prostituta, e se ne innamora sognando con lei una vita diversa. Ma la donna, in combutta con l’amante Johnny, lo raggira per avere i suoi soldi. Il desiderio, venale e amoroso, condurrà il trio verso un destino tragico di sconfitta e tormento.


LA POLIZIA BUSSA ALLA PORTA
Joseph H. Lewis, 1955

Con La polizia bussa alla porta, Joseph H. Lewis spinge il cinema noir in uno dei suoi episodi più estremi, tanto nelle soluzioni visive e narrative quanto in quelle metalinguistiche. La rivalità tra un poliziotto (Cornel Wilde) e un gangster (Richard Conte) viene resa attraverso l’esaperazione dei tratti stilistici che avevano caratterizzato il noir fino a quel momento: il film si addentra nei lati oscuri dei suoi personaggi non soltanto giocando con gli espressionismi dell’intensa fotografia di John Alton, fatta di ombre scurissime e luci accecanti, ma scatenando odio e sadismo nelle dinamiche di potere, una violenza implacabile filtrata da una nebbia che crea sequenze di grande suggestione. Notevoli le scene in cui un apparecchio acustico diventa strumento di tortura e di ironica condanna.


GIUNGLA D’ASFALTO
John Huston, 1950

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Dopo Il mistero del Falco, John Huston dà un altro notevole contributo allo sviluppo del cinema noir, con un film tratto dal romanzo di William R. Burnett, dove la metropoli si impone come un grande organismo indifferente alle vicende umane. Giungla d’asfalto è il paradigma del caper-movie, un modello ricalcato da numerosi film a venire centrati sul tema della rapina intesa come fulcro totale della narrazione. Non è solo l’organizzazione del furto in una gioielleria ad interessare Huston, ma soprattutto il ritratto della malavita descritta attraverso i suoi personaggi, fuorilegge ai margini della società e della legalità, ciascuno obbligato, infine, a fare i conti con il proprio destino.

un caso eccezionale

LA MORTE CORRE SUL FIUME
Charles Laughton, 1955

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Un caso unico del panorama noir che scavalca ogni classificazione. Non soltanto perché è la prima e sola opera da regista di Charles Laughton, ma per l’atmosfera onirica e fiabesca che ne fa un film particolare e ammaliante, ricco di immagini che restano indelebili nella memoria. Robert Mitchum interpreta uno dei personaggi più malvagi di sempre, la rappresentazione di un Male inarrestabile nelle sembianze di un assassino di vedove, travestito da predicatore con scritto sulle nocche delle mani “love” and “hate”. Il punto di vista della storia è però quello di una coppia di bambini catapultati in un mondo d’incubo, dove la fuga dall’uomo nero è la sola fonte di salvezza. Tra momenti di orrore e angoscia, toni biblici e grotteschi, La morte corre sul fiume è un’anomalia del noir che non cessa di esercitare tutt’oggi un fascino sottile e quasi magico.


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