Lo Strano Amore di Marta Ivers, un’ineluttabile discesa nell’oscurità

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In equilibrio tra noir e melò, con l’ago della bilancia a pendere progressivamente sempre più verso i toni cupi del cinema nero, Lo Strano Amore di Marta Ivers è uno di quei film dalla scrittura densa e solida, che procede inesorabile verso l’epilogo tragico caricando di tensione e follia i legami tra i suoi personaggi.
Finalmente sono riuscito a mettere le mani sul dvd di questo bellissimo film di Lewis Milestone, che sotto certi aspetti sembra quasi essere figlio del capolavoro noir La fiamma del peccato, che fece di Barbara Stanwyck il modello per eccellenza della femme fatale. La Stanwyck riveste qui i panni dell’ambigua signora di classe, quelli di Marta Ivers, tacitamente repressa e vittima di una vita-prigione dalla quale ambisce di fuggire, anche seguendo metodi “poco ortodossi”.

Come la ricca ereditiera Marta arrivi a detestare quanto le sta intorno, finanche il proprio cognome, ha origine nel suo passato, che è poi il prologo del film, dal vago sapore gotico: in una notte tempestosa, dopo essere scappata per l’ennesima volta con l’amico Sam, la giovane e ribelle Martha viene riportata a casa, dove sua zia la rimprovera e la umilia. Quella notte però si consuma un omicidio, quando la ragazza, colma di rancore, colpisce la zia sulla grande scalinata della villa, lasciandola cadere e morire. Un episodio insabbiato, che farà condannare un innocente e la obbligherà a sposare Walter, testimone con lei di quella notte. E quando i tre si ritrovano da adulti, molti anni dopo, Martha pensa di avere una chance per cambiare vita, ma il suo destino è già segnato.

Lo Strano Amore di Marta Ivers si pone come un’ineluttabile discesa nell’oscurità, con i toni del melodramma che sfociano nel noir e pongono in personaggi in logiche di attrazione e repulsione: nessuno di loro – inclusa “Toni”, l’angelo biondo interpretato da un’ipnotica Lizabeth Scott – è quel che sembra all’apparenza, e chi vorrebbe essere una vittima delle circostanze si rivela in realtà carnefice senz’anima. Accade col personaggio della Stanwyck, tessitrice di trame segrete e sotto certi aspetti anche più subdola e violenta della Phillys nel film di Billy Wilder quando si accorge che ogni suo piano di evasione svanisce nel nulla. E – forse persino più imprevedibile – con il marito Walter, personaggio debole e remissivo nonostante rivesta un ruolo di potere, ma che nel finale si rivela gelido e determinato sino a unirsi nella morte alla sua compagna.

Il peso di un passato opprimente e indelebile resta forse il tema noir più pervasivo nel film, punto di inizio di un percorso segnato che conduce alla caduta. Come una contaminazione che fa marcire lentamente vite e relazioni in un’atmosfera molto spesso davvero cupa. Cast di alto livello, tra cui spicca la dark lady Barbara Stanwyck, ma anche Douglas, al suo esordio sul grande schermo ma già capace di distinguersi e lasciare il segno.

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