Un film che non rivedevo da diverso tempo, rispolverato per caso e con piacere. Christine, la macchina infernale, a dispetto delle facili simbologie che la storia lascia intendere sul rapporto tra un uomo e la sua automobile, è un film paradossalmente carnale, che prima ancora dei successivi Il Signore del Male, Essi Vivono, o Il Seme della Follia, anticipa in prospettiva meno pessimistica l’idea dell’essere umano quale strumento del male, da influenzare, controllare e possedere a proprio piacimento.
Possedere in senso materiale, in questo caso, visto che l’infernale e (letteralmente) fiammante Playmouth rossa Christine impazzisce di gelosia per il giovane Arnie Cunningham, che per caso la “incontra” e se ne innamora perdutamente, prima di cadere vittima della sua influenza nefasta assumendo un’altra malefica personalità.
Attingendo al romanzo di Stephen King “Christine”, Carpenter gira senza l’uso di particolari effetti speciali, e ciononostante le sequenze degli omicidi sono di una forza sorprendente, tanto che l’auto indemoniata sembra davvero una belva inferocita che corre per le strade assetata di vendetta (bellissima la scena in cui sfreccia nel buio della notte avvolta dalle fiamme).
Il regista non rinuncia a giocare metaforicamente con le forme della Playmouth, che nel corso del film riesce a risorgere più volte dalle ammaccature e a tornare più bella e brillante di prima. La scena in cui per la prima volta Christine si rifà il trucco da sola, un groviglio di lamiere ammaccate che riprende forma, è girata da Carpenter come uno striptease: i fari dell’auto si accendono improvvisamente disegnando sullo schermo la silhouette di Arnie, il quale rapito assiste alla trasformazione e si gode lo spettacolo della carrozzeria che sensualmente si rimette a posto, mentre tutto scorre sul sound erotico della colonna sonora. Ron Howard sembra aver fatto di recente quasi la stessa operazione nel suo Rush, in cui la macchina da presa corre eccitata lungo la carrozzeria delle automobili, quasi a volerle penetrare.
Insomma, un noir, a suo modo, dove la femme è più fatale e spietata che mai, sebbene lo sia per folle amore. Perché anche le macchine hanno un cuore.