Benché spesso indicato come trascurabile, e con un cast di tutto rispetto ma non sfruttato a dovere, La seconda signora Carroll possiede in realtà diversi elementi che ne rendono interessante, se non necessaria, la visione, in particolar modo in chiave noir e gotica. La storia è quella del pittore Geoffery Carroll (Humphrey Bogart) che uccide le proprie mogli quando queste smettono di ispirarne l’arte. Un assassino seriale, dunque, che sublima il delitto e la colpa nei dipinti su tela, inquietanti e disturbanti, di spiccato gusto macabro.
Basterebbe questa variazione sul tema ricorrente del ritratto, qui non soltanto fonte di doppiezza e fantasmatiche visioni ma anche di desiderio e pulsioni perverse, a fare del film di Peter Godfrey un lavoro molto particolare che meriterebbe maggiori attenzioni, almeno nella sua seconda parte, quella decisamente più interessante.
Il racconto, piuttosto cupo, prende il via come un classico melodramma sui rapporti coniugali, lentamente asfissiati dagli interni borghesi e soffocanti. La svolta, e il conseguente cambio di registro narrativo ed estetico, arrivano poco dopo la metà del film, quando i tetri piani dell’artista si palesano alla mente incredula della consorte Sally (Barbara Stanwyck): la fotografia si incupisce, le ombre si moltiplicano, e l’atmosfera diventa quella di una sorta di dormiveglia dove la realtà e la sua rappresentazione pittorica diventano facce indistinguibili dello stesso incubo.
Contrariamente a quanto accade in altri film noir dove il ritratto di un personaggio femminile assume un ruolo significativo (pensiamo a Vertigine o La donna del ritratto), qui la copia artistica del personaggio della Stanwyck, ritratta in una languida mostruosità, assume i contorni del presagio di morte: prosciugata della sua forza ispiratrice, e, sulla tela, della sua vitalità, la donna si rende conto di essere giunta al momento terminale di questa “vampirizzazione” artistica. E difatti quando il pittore alla fine tenterà di assassinarla in camera da letto, si esibirà in un ingresso teatrale e spaventoso attraverso una finestra, determinato a portare a compimento la sua folle e crudele opera.
Curiosamente, il metodo che il signor Carroll sceglie per togliere la vita alle sue spose è quello già visto ne Il sospetto: anche qui compare il celebre bicchiere di latte avvelenato, probabilmente un richiamo al film di Hitchcock che pure racconta una storia molto simile, più riuscita ma meno dura, di dubbio e inquietudine