Ho paura di lui di Robert Wise

Ho-paura-di-luiScampata al destino crudele dei campi di concentramento, una donna polacca (Valentina Cortese) assume l’identità di un’amica morta e ne prende il posto presso la famiglia residente in America. Nonostante l’agiatezza economica, si rifanno vive le ansie e la tensione del lager, sopravviene il timore di essere un’intrusa nel nuovo ambiente, e per questo di venire assassinata.

Ho paura di lui, più suggestivo nel suo titolo originale House on Telegraph Hill,  ricade nella tradizione del racconto gotico che inserisce un personaggio femminile emotivamente fragile in un contesto ansiogeno e inquieto che ne mina la stabilità psichica e fisica. Il modello è chiaramente quello di Rebecca e dei suoi elementi chiave (governante ambigua, una vecchia casa misteriosa, un grande dipinto dell’ex padrona di casa), più alcuni riferimenti ad altre situazioni simili del cinema hitchcockiano (il bicchiere avvelenato).

Robert Wise, pur non riuscendo a eguagliare il film di Hitchcock in quanto a forza ed efficacia e subendone inevitabilmente il confronto, introduce uno sguardo differente sui contenuti dell’intreccio narrativo, a cominciare dal background più complesso della protagonista, che qui non è soltanto la fanciulla fragile e indifesa trasportata in una favola dai risvolti cupi dal ricco gentiluomo di turno, ma è una donna scampata all’olocausto, memore della tragedia del suo internamento. Lo stesso palpabile clima di sospetto e minaccia invade gli spazi della sua nuova abitazione americana, un secondo incubo dove essa stessa è tra le cause del suo patimento, con quel senso di colpa nato dall’aver rubato l’dentità e soprattutto il patrimonio di un’amica. Qui sta un altro scarto narrativo rispetto alla matrice hitchcockiana, perché è Victoria-Karin, e non un personaggio maschile, a possedere ricchezza, indipendenza e peso sociale. Un potere femminile, simbolizzato dal grande ritratto della zia defunta, che si impone nel racconto soprattutto nel finale quando si rivela il complotto ordito dal marito (Richard Basehart) per mettere le mani sull’eredità di famiglia, un personaggio quest’ultimo che rispecchia appieno l’ambizione e il desiderio di rivalsa sociale tipici di tanto noir. E’ sotto lo sguardo impietoso delle sue due donne, compagna e governante ex amante, che si infrange la sua aspirazione a una vita migliore.

Nonostante sappia di già visto, il film regala un’atmosfera tesa e densa, complice anche la bella e suggestiva fotografia in chiaroscuri di Lucien Ballard, che qualche anno più tardi fotograferà Rapina a mano armata (1956).
Ho paura di lui è stato l’unico film, tra quelli girati in America, in cui la Cortese ha recitato assieme al marito Basehart.

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